IL TORNADO DI MONTECCHIO PRECALCINO

 


By Andrea Griffa - Agosto 2004

Il tornado di Montecchio Precalcino è da individuare nel grande raggruppamento dei tornado produttori di danni significativi (da F2 in su) che si sviluppano in sistemi caratterizzati da moderati valori di energia disponibile per la convezione ma con shear verticale non propriamente supercellulare. In quanto tali sono molto difficili da prevedere. Prima di mostrare le spettacolari foto del tornado è opportuno dare una piccola delucidazione su questa particolare tipologia tornadica, senza dubbio, la più comune del nostro paese.


 


Essenzialmente questo genere di tornado dipende da una preesistente vorticità verticale molto localizzata presente lungo un determinato fronte disposto in un ipotetico luogo. Questa vorticità verrà poi sollevata nell'updraft di una cella temporalesca aiutandola a produrre un piccolo mesociclone che potrebbe successivamente generare una tromba d'aria. Di norma la vorticità è creata essenzialmente dal wind shear verticale: intuitivamente più shear è presente meglio è per un futuro ipotetico sviluppo supercellulare. Ma in questo caso lo shear verticale sul N Italia era piuttosto scarso e quindi la creazione della vorticità non è imputabile ad un wind shear su larga scala; l'unica opzione che rimane è che nel nostro determinato caso la vorticità necessaria a creare il tornado in esame si sia creata in un contesto prettamente a mesoscala, ovverosia in un determinato spazio ristretto: la provincia di Vicenza. Tutto questo sistema era supportato da una saccatura alle quote medie la cui porzione anteriore interessava il NE italiano generando isoipse tese a 500 hPa da W-SW, in associazione con una moderata entrata di aria fredda. Al suolo era presente una linea secca che creava una discreta convergenza di basso livello esasperata da un'ottima divergenza alle alte quote.


Vediamo di capire come si sia creata la nostra vorticità. Dall'ausilio della mappa della temperatura potenziale equivalente possiamo visualizzare come sul NE italiano sia presente un fronte in stile linea secca caratterizzato dalla presenza di un forte gradiente di umidità che si presenta con disposizione NW SE. Esso è originato dall'entrata di aria più secca dai quadranti nord-occidentali. La linea secca (dry line) separa la massa d'aria secca nord occidentale da quella caldo-umida nord orientale.


Ebbene è proprio sul confine tra le due masse d'aria che è presente un nucleo maggiore di vorticità esasperato anche dalla creazione di MISOCICLONI (non mesocicloni) che sono costituiti come da vortici estesi nel piano orizzontale dalle dimensioni inferiori ai 4 km. Essi tipicamente si stabiliscono sulla linea avanzante dei fronti e promuovono i moti verticali e per tale ragione giocano un ruolo determinante nella promozione della convezione.



Creata la vorticità è sufficiente un updraft abbastanza forte, presente lungo il fronte, per sollevarla verso l'alto e per creare una rotazione di basso livello, andando così a generare un tornado. Ma è implicito che affinchè possa crearsi un meccanismo di tal genere deve sussistere una buona instabilità; il sistema deve essere quindi caratterizzato da stretti "lapse rate" di medio livello che esprimono essenzialmente il gradiente termico verticale, un forte riscaldamento solare, un discreto quantitativo di energia disponibile per la convezione e relativamente poca inibizione alla convezione (basso CIN). Ma ora vediamo di analizzare il setup termodinamico.



Il radiosondaggio delle 12Z di Udine mostra una ottima instabilità con un Lifted Index (LI) che tocca i -5°C e un CAPE che supera i 2000 J/kg secondo lo skew-T di Oker. Inoltre come possiamo constatare il CIN è a 0. Ciò significa che l'atmosfera è instabile e che probabilmente la convezione inizierà subito nelle prime ore del pomeriggio. Il livello di libera convezione e di condensazione forzata sono molto bassi, intorno ai 900 mb, elemento che aiuterà moltissimo la tornadogenesi. Il contesto riguardante lo shear verticale invece non è sicuramente perfetto per generare dei tornado e supercelle anche se i supercell composite parameter potrebbero sembrare leggermente favorevoli; infatti l'indice SRH (Storm Relative Helicity) è soltanto a 70 m2/s2. Un altro elemento che balza agli occhi è il grande quantitativo di aria secca alle quote medie e una forte presenza di umidità alle basse quote: questi elementi in un contesto di buona instabilità possono essere promotori di downburst "umidi" generatori di forti venti lineari a volte distruttivi. Ed ecco che intorno alle 13.30 comincia a generarsi in provincia di Vicenza una discreta cella temporalesca che mostra da subito dei buoni segni di organizzazione: la parete dell'updfrat è bella delineata ed esplosiva e prima ancora che si formi l'incudine alla base del nembo si forma uno scalino che balza agli occhi a causa di una netta rotazione. Da lontano si nota una overshooting top che si staglia sopra l'incudine e si apprezza la presenza di una piccola flanking line. Il sistema nel complesso appare come una cella molto ben organizzata con un potente updraft inclinato (rotante) dalle forti correnti alle quote medie: una piccola ma temibile supercella. Alle 13.55 un vero e proprio tornado prende vita e comincia a toccare terra e ad arrecare devastazione. Esso durerà quasi fino alle 14.15.



Foto di Luca di Meteo 6 con elaborazione dell'autore

    

Foto di Davide Rosa
    


Foto di Davide Rosa


Il mostro si mette subito in evidenza dopo pochi minuti per la notevole quantità di detriti (debris cloud) che solleva.


Foto di Daniele Noaro
     


Foto di Daniele Noaro

Le ultime due foto sono state scattate durante l'acme del fenomeno da una prospettiva differente e molto vicino ad esso, in cui il tornado sta generando la maggiore differenza di pressione e la condensazione è massima. A riguardo di questi 2 scatti è interessante notare l'andamento circolare della nube-scalino (wall cloud rotante) che è posta sopra la tromba d'aria che mette in rilievo l'aspetto rotativo e la caratteristica mesociclonica del temporale. Inoltre il mesociclone in questione, pur essendo presente, date le limitate dimensioni geografiche difficilmente avrebbe creato una eco ad uncino nelle immagini radar (che non sono presenti a causa di un generale black out di tutti i radar del NE italiano); per tale ragione si esclude la presenza di un ipotetico RFD (Rear Flanking Downdraft). La teoria è anche confermata dalla localizzazione delle precipitazioni interamente davanti all'area dell'inflow come mostra la mappa del tracciato del tornado in fondo alla pagina. In altre parole il mesociclone con ogni probabilità non è riuscito ad avvolgersi le precipitazioni intorno. Fin dal primo "touch down" (in gergo significa il primo momento in cui il tornado tocca terra) si capisce immediatamente che non si tratta di una trombetta d'aria qualsiasi; il "debris" (in gergo la nube di detriti sollevata dal tornado) alzato fin dall'inizio è molto evidente e si vede ruotare in uno spazio di 200 m in maniera veloce anche da distanze non ravvicinate. Il tornado, agli occhi di coloro che si trovano nelle sue immediate vicinanze, appare come un vero e proprio mostro e sta alzando un vento micidiale, che genera veri e propri proiettili di qualsiasi materiale che viaggiano a velocità prossime ai 200 km/h, procurando un altissimo pericolo di morte per la gente. I proiettili vaganti penetrano nei muri e rimangono ivi conficcati. Nell'aria si sente un profumo d'erba irreale come se i prati fossero appena stati tagliati da pochi minuti: in contemporanea si avverte un sibilo assordante che rimane quasi inascoltabile per l'udito umano a causa delle alte frequenze.

      


Foto di Davide Rosa

In questi scatti è molto evidente la nube dei detriti che vengono sollevati fino a notevole altezza: e proprio questo elemento è un indice della forza del tornado. Inoltre come possiamo osservare in ogni foto la condensazione tornadica non raggiunge mai il suolo: ma questo non deve essere interpretato assolutamente come un segno di debolezza; infatti il tornado è ampiamente e oserei dire "violentemente" in contatto con il suolo. La ragione per cui esso non riesce a condensare completamente è da imputare alla presenza di dew point non elevatissimi (anche se di degno rispetto) al suolo.

Negli ultimi scatti il tornado non è più in contatto con il suolo, la debris cloud è svanita; ma la rotazione per un ipotetico osservatore è ancora estremamente evidente. Per tale ragione la definizione tecnica del fenomeno ora è quella di "funnel" e non più di "tornado". Ma prima che ciò accada lo spettacolo è incredibile: si vedono degli alberi dal grosso tronco che vengono aspirati come se nulla fosse e i tetti di molte case esplodono e vengono sollevati violentemente verso l'alto. Dei camion vengono rovesciati. Volano tegole, alberi, rami, tetti intorno a un cono scuro che ruota in maniera quasi surreale: la gente corre e si precipita nelle case. Il mostro durerà per circa 20 minuti percorrendo un tragitto di circa 3 km in un'area tra Montecchio Precalcino e Levà, provocando molti danni. Il bilancio della devastazione è grave: si parla di almeno cinque milioni di euro solo per le abitazioni e le coltivazioni. Quattro persone sono state ferite in modo lieve. In base ad una prima stima dei danni, ci sarebbero 50 case scoperchiate o gravemente danneggiate. Interessante è il tragitto compiuto dalla tromba d'aria:



Ecco alcuni racconti: «Ci è andata bene perchè fortunatamente a noi non è successo nulla, ma confermo sono stati cinque minuti di vero terrore». Parla Gabriele Zanin, un signore che ha assistito alla devastazione ma che non è rimasto ferito fortunatamente. «Gli oggetti si sollevavano da terra come fossero foglie secche, le lamiere si contorcevano e il cono nero sembrava non voler rallentare un istante. Nell'aria si sentiva un fortissimo odore di erba, come quando si taglia il prato. A Levà ci sono edifici completamente rasi al suolo. Quello che più colpisce sono i muri delle abitazioni. Se si guardano bene le pareti, si notano tantissimi piccoli fori sul muro come se si fosse accanita una mitragliatrice».



Le immagini mostrano un capannone collassato a causa dei forti venti tornadici a componente rotatoria: con ogni probabilità in questo punto il tornado deve avere toccato la massima intensità, ovverosia il grado F2 della scala Fujita. Il mio amico Davide rosa, ingegnere, che ha assistito al fenomeno e ci ha gentilmente concesso le sue fotografie ci spiega il perchè. Sapendo che esiste una correlazione tra la velocità del vento in m/s e il carico equivalente del vento in kg/m2 (vedi tabella nel primo link) e notando che la struttura in acciaio del capannone di Montecchio Precalcino è stata caratterizzata da un fenomeno di collasso disomogeneo che ha comportato lo sbandamento (dovuto a una somma di componente rettilinea ed angolare del vento) delle strutture portanti, si può stimare che quel luogo è stato interessasto da raffiche di vento non superiori ai 200-210 km/h. Se il vento fosse stato superiore a tal velocità anche le poche colonne che ancora erano rimaste illese sarebbero state abbattute. Per tale ragione la classificazione di questo fenomeno corrisponde al grado F2. Per concludere il tornado di Montecchio Precalcino è da annoverare come uno dei tornado più forti degli ultimi decenni insieme con il tornado di Arcore e il tornado di Galliate (sebbene di intensità inferiore).

Andrea Griffa